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Shinichi Suzuki

speciale natale

                

Shinichi Suzuki è nato a Nagoya, in Giappone, nel 1898. Figlio di un produttore di violini, cresce nella fabbrica del padre e lo aiuta nella contabilità. All’età di 17 anni ha l’occasione di ascoltare una registrazione del famoso violinista Mischa Elman e ne resta affascinato. Decide così di studiare violino iscrivendosi alla scuola di musica di Tokyo. Nel 1920, un grande mecenate, il marchese Tokugawa, rendendosi conto delle qualità musicali e violinistiche di Suzuki lo manda a Berlino dove resta per otto anni a studiare il violino con Karl Klinger, un allievo di Joachim. Si inserisce così nell’ ambiente culturale della città divenendo intimo amico di importanti personaggi tra i quali anche Albert Einstein. E’ questa l’epoca in cui Maria Montessori e Jean Piaget, sviluppano nuove idee sull’educazione e la crescita dei bambini. Suzuki vive a contatto di tutte le realtà culturali dell’epoca: concerti, grandi musicisti e grandi intellettuali e conosce la sua futura moglie, Waltraud Prage, che sposa nel 1928. La sintesi di questo “apprendimento”, avvenuto in un ricco e variegato panorama culturale, si riassunse alla fine nella sua frase: «L’arte non è qualcosa che sta sopra o sotto di me, l’arte è legata alla mia essenza più profonda».
Questa profondità d’indagine, la ricchezza della cultura musicale europea e la messa a punto di nuovi e rivoluzionari metodi educativi, in cui il bambino diventava soggetto, furono dunque il fertile terreno da cui, grazie a quel lungimirante e intraprendente didatta che era Shinichi Suzuki, nacque il “Metodo Suzuki”. È un fatto che il repertorio appreso dagli studenti del metodo Suzuki, dai brani più semplici fino ai pezzi da concerto, si rifà interamente al patrimonio compositivo barocco o romantico dell’Europa, principalmente a quello della Germania, dell’Italia e della Francia. Nel suo libro Suzuki fa riferimento a Pablo Casals e ad altri esecutori europei come modelli di studio per gli studenti, intendendo sottolineare l’importanza di una corretta imitazione del suono e di un buon dominio tecnico nel momento in cui si muovono i primi passi nell’esecuzione strumentale.
Dopo il matrimonio, a causa della malattia della madre di Suzuki, la coppia si trasferisce in Giappone. Suzuki diventa uno dei primi violinisti concertisti della nazione e fonda con tre dei suoi fratelli il “Quartetto Suzuki” che dà concerti in tutto il paese fino al periodo della grande depressione.
E’ in questo periodo che ha l’illuminazione del metodo della madre-lingua . Dopo la guerra, nel 1945, con l’aiuto del Governo e della città, fonda a Matsumoto la Scuola dell’ Educazione del Talento, il cui scopo non è quello di formare musicisti professionisti ma di educare tutti i bambini attraverso la musica e di sviluppare in loro una sensibilità, una creatività e un’individualità equilibrata.
Secondo Suzuki, infatti, lo scopo della vita è quello di ricercare l’ amore, la verità, la virtù e la bellezza. Insegna anche alla “Scuola di musica Imperiale” e alla scuola di musica “Kunitachi” di Tokyo e in pochi anni è in grado di presentare un gruppo di bambini che suonano mirabilmente. Nel 1964 si reca, con i suoi giovani violinisti, negli USA su invito della “Musica Educatore National Conference” tenendo concerti e conferenze in varie università. Il successo è grande e molti studiosi e musicisti, americani, si recano in Giappone per imparare il Metodo.
Oggi la metodologia Suzuki è diffusa in tutti i continenti e si calcola che più di 300.000 bambini imparino la musica con questo metodo che, oltre al violino, viene applicato al violoncello, alla chitarra, all’arpa, al flauto, al pianoforte, al contrabbasso e al mandolino. Shinichi Suzuki muore il 25 Gennaio del 1998 all’età di 99 anni. Ricordato da tutti per aver messo a disposizione dei bambini piccolissimi i mezzi per imparare ad apprezzare la musica e la possibilità di sviluppare i loro talenti naturali fin dalla prima infanzia.

Il metodo Suzuki nasce da una felice sintesi fra la cultura occidentale e la sensibilità orientale. 
Il segreto del suo successo risiede nella fiducia che ha nell’uomo il Maestro Suzuki. E’ stato l’uomo l’ispirazione del suo metodo, fondato sul meccanismo di apprendimento della madre lingua. 
Suzuki si trovava in Germania per studiare ed osservò con stupore come tutti i bambini parlassero con tranquillità e dimestichezza il tedesco che era per lui, adulto e studente, tanto difficile da apprendere e da usare.
I “geni” sono persone che hanno percezioni particolari e vedono nelle cose normali aspetti
che le persone comuni non vedono. Per la gente comune la caduta di una mela è un fatto normale, per Newton fu la prova di una legge che governa l’universo. Per la gente comune il parlare di un bambino è un fatto ordinario, per Suzuki fu una “cosa meravigliosa”: egli iniziò così a studiare il motivo per cui, pur nello stadio di apprendimento, un bambino riesce a parlare correntemente la lingua madre (tremila vocaboli al secondo anno di vita). L’uomo quando nasce è caratterizzato da una certa carica vitale, da una forza che animerà le sue facoltà; nessuno può dire quanto abile sia l’uomo per natura. Il talento si conosce solo nella misura in cui viene sviluppato o sciupato.
Alla luce di queste osservazioni Suzuki giunse alla conclusione che in ogni individuo vi è del “genio” o che ognuno ha la possibilità di “apprendere al massimo grado” (sempre che non sia impedito da menomazioni fisiche e mentali. Infatti vi sono stati in Giappone casi di allievi mediocri divenuti eccellenti e talvolta addirittura eccezionali.
Ogni pedagogista dovrebbe sempre ricordare questa “facoltà di apprendimento al massimo grado” presente in ogni individuo.
Suzuki indagò quindi i meccanismi di apprendimento della madre lingua; aveva compreso, infatti, che proprio “l’imitazione” è alla base del processo d’apprendimento umano nei primi stadi della vita e, attraverso il metodo che egli chiamò “della lingua madre”, dimostrò che si poteva insegnare ad un bambino così come gli si insegna a parlare: niente di più ovvio, eppure niente di più straordinariamente rivoluzionario per quei tempi in cui il gran maestro giapponese ideava e codificava il metodo. Come, infatti, un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo continuamente le parole dette infinite volte dai genitori, così impara a suonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo, una melodia che gli stessi genitori, “addestrati” dall’insegnante, gli proporranno nel corso della giornata affinché gli risultino familiari.
Poiché la musica sarà a questo punto entrata a far parte in modo del tutto naturale della vita del bambino e della sua famiglia, diventerà per loro “metodo di vita”, attraverso il quale verrà costruito il carattere, si coltiverà il buon gusto, si svilupperanno le buone maniere, si imparerà ad entrare in relazione con gli altri rispettando le regole, ma anche affinando la sensibilità; soprattutto si troverà’ in essa quella compagnia che non verrà mai meno, ancor più se si sarà in grado di suonare uno strumento.
Inoltre, attraverso l’inserimento nei gruppi di ritmica prima e d’orchestra poi, il bambino (con i suoi genitori) si potrà confrontare costantemente con i suoi compagni, imparando a capire in modo concreto il proprio ruolo all’interno di un gruppo, il proprio stile particolarissimo, la propria capacita’ di stare e di fare con gli altri senza rinunciare ad essere, come direbbe Suzuki, “profondamente se stesso”. Elevato obiettivo questo, ma come dicono gli orientali: “Bisogna mirare alla luna per colpire l’aquila”. In queste poche e significative parole ritroviamo tutto lo spirito delle scuole Suzuki: massimo impegno di tutti (allievi, genitori, insegnanti) per perseguire i livelli di studio e preparazione e l’ingresso nell’orchestra, che e’ la grande ambizione di tutti i bambini.
Il pensiero di S. Suzuki è racchiuso nei suoi aforismi: “l’uomo è figlio del suo ambiente” – “si può fare molto se c’è amore” – “se hai un bel suono, hai cuore” – “le corde non hanno anima, esse vivono attraverso quella di chi le fa vibrare” – “non c’è bambino senza talento, tutto dipende dall’educazione” – “l’arte esprime l’uomo”. Infine la sua speranza espressa quasi come un atto di fede: “che la musica possa rendere migliore l’uomo, gli dia la pace, la gioia di vivere”.
Questi sono i valori che stimolano gli insegnanti Suzuki ma anche tutti quelli che credono nell’educazione attraverso la musica come mezzo di rinascita morale e spirituale. Shinichi Suzuki è morto nel 1998, all’età di novantanove anni, ma come è per tutti i grandi uomini, egli vive ancora per quello che ha donato ad una moltitudine di persone.
Migliaia di bambini, in tutto il mondo, se ne stimano circa 250.000 oggi, crescono con la musica, ed attraverso essa vivono esperienze uniche ed irripetibili. Migliaia di famiglie hanno scoperto la gioia di stare insieme, comunicando con un linguaggio universale e personale al tempo stesso. Migliaia di insegnanti, circa 8200 in tutto il mondo, hanno imparato a donare se stessi attraverso le proprie competenze, a regalare il proprio talento per crescere quello di un bambino.
Nell’ottobre del 1968, al termine di un suo intervento presso le Nazioni Unite, a New York, Shinichi Suzuki si appellò a tutti i presenti affinché prendessero in considerazione la necessità di una politica mondiale rivolta al corretto sviluppo, all’educazione ed alla cura dell’infanzia. Oggi, più che mai rievochiamo il suo sogno: “Che la musica renda migliore l’uomo, porti la pace, la gioia di vivere”.

Piero Angela su Quark parla del Metodo Suzuki

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