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PULCINELLA



speciale natale


PULCINELLA




Alcuni critici fanno risalire questa maschera a Maccus, personaggio delle farse popolari romane in lingua osca, un dialetto campano, chiamate 'Fabulae Atellanae' perchè la tradizione le vuole nate nel IV secolo nell'antica Atella, una citta romana nel territorio di Aversa e Capua, a nord di Napoli. Le Atellane furono una tipologia di spettacolo molto popolare nell'antica Roma, potremmo paragonarle all'odierno teatro vernacolare o dialettale, apprezzate soprattutto da un pubblico di basso ceto. Maccus rappresentava la tipologia del servo con un lungo naso e la faccia bitorzoluta, un vero e proprio antenato di Pulcinella, camicia larga e bianca, Maccus portava una mezza maschera, come quelle dei comici dell'arte, aveva il ventre prominente e recitava con voce chioccia, un timbro particolare di voce caratteristico di coloro che, bene ingozzati, parlano a pancia e a gola piena. Puccio d'Aniello era il nome di un contadino di Acerra reso famoso da un presunto ritratto di Annibale Carracci, dalla faccia scurita dal sole di campagna ed il naso lungo, che diede vita al personaggio teatrale di Pulcinella. Pulcinella ha incarnato e continua ad incarnare il tipo italiano, ancora oggi all'estero, il personaggio che, cosciente dei problemi in cui si trova, riesce sempre ad uscirne con un sorriso, prendendosi gioco dei potenti pubblicamente, svelando tutti i retroscena.

Pulcinella, come personaggio del teatro della commedia dell'arte, nasce ufficialmente con una commedia del comico Silvio Fiorillo, 'La Lucilla costante', con le ridicole disfide e prodezze di Policinella, scritta nel 1609, ma pubblicata soltanto nel 1632 dopo la morte dell'autore. Nella sua commedia, Fiorillo fa pronunciare a Policinella le seguenti battute: 'Chi è, chi chiama, chi sfonola, chi tozzola la porta della casa nostra?' (Atto II, scena 3) 'Amici siammo, e le vorze comatanno, a che serve a dicere amice amice, penza ca saranno amice amice, ca io non aggio nemice. Chi è, è, è?' (Atto II, scena 3) 'A te puro voglio sbodellare, smatricolare, scannare, scortecare, desossare, squartare e sbufarare" (Atto V, scena 2) 'E a me nesciuno me passe de contentaresse, cercateme tutto ca me contento, stracontento contentessemamente'. (Atto V, scena 12) Silvio Fiorillo, che già era famoso con il personaggio di Capitan Matamoros, con Pulcinella, probabilmente, risuscita un personaggio già presente nella tradizione del teatro napoletano. Lo stesso Fiorillo eredita questa maschera da un precedente attore napoletano, Andrea Calcese, del quale poco si conosce, se non per il fatto di aver fatto da maestro a Fiorillo.





Il nome di Pulcinella è cambiato nel corso degli anni, anticamente era Policinella, come si vede dal titolo della commedia di Fiorillo, o Pollicinella. Partito da Napoli in compagnia di altri personaggi come Coviello, Pascariello e una lunga fila di capitani vanagloriosi come Matamoros e Rodomonte, che parlavano una lingua franca a metà tra il napoletano e lo spagnolo, Pulcinella, con Silvio Fiorillo, approdò nelle grandi compagnie comiche del nord e costituì una versione napoletana di Arlecchino, il servo sciocco, credulone e sempre affamato di quella fame atavica dei poveri diavoli. Pulcinella riscosse molto successo soprattutto in Francia con il nome di Polichinelle e in Inghilterra come Punch, dove ebbe un repertorio proprio sganciato dalla commedia italiana. Anche nell'aspetto Pulcinella è cambiato nel corso dei secoli, la sua maschera è stata chiara o scura a seconda dei periodi, il pittore veneziano Giandomenico Tiepolo lo dipinge in ambedue i modi, ma siamo già nel XVIII secolo. Nel 1621, nella raccolta d'incisioni intitolata 'I Balli di Sfessania', il francese Jacques Callot rappresenta il suo Polliciniello con la maschera bianca, il ventre prominente di Maccus diventa una gobba, anzi spesso una doppia gobba, come nella versione francese, altre volte la gobba scompare, come nei disegni del pittore romano del '700 Pier Leone Ghezzi, dove è rappresentato con la maschera nera. Comunque, la più importante raccolta di lazzi pulcinelleschi rimarrà quella del seicentesco Padre Placido Adriani, nato a Lucca all fine del XVII secolo e morto dopo il 1736. A Napoli, all'inizio del Settecento, la fortuna del personaggio di Pulcinella ha bisogno di uno spazio proprio, per questo verrà costruito appositamente un teatro per le commedie in dialetto, il San Carlino, dove lavoreranno famosi Pulcinella come Petito e Altavilla. Forse, l'aspetto del Pulcinella che conosciamo oggi è quello dei disegni di Ghezzi, filtrati attraverso il costume che per anni indossò il più longevo e prolifico attore di farse pulcinellesche, Antonio Petito, chiamato anche con l'appellativo di Totonno 'o pazzo. Antonio Petito, attore e capocomico napoletano di fama internazionale, renderà celebre, in tutto il mondo, la maschera di Pulcinella. Esordì sulla scena all'età di sette anni, mostrando grandi capacità nel ballo (appreso dal padre), nella mimica, nel canto, nella musica, nelle parodie e nei giochi di prestigio, egli fu anche un acrobata molto abile. Nel 1853, Totonno ereditò dal padre Salvatore la maschera di Pulcinella, ricevendo l'investitura del camice bianco dallo stesso padre, sul palcoscenico del San Carlino, davanti alla platea degli spettatori. Da quel momento, Antonio Petito, fino all’ultimo giorno della sua esistenza, sarà per il pubblico e per la stampa 'Il Re dei Pulcinella' e 'Il Re del San Carlino'.